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Pietro de Quesada

Arma di Raimondo de Quesada di San Saturnino, sec. XIX.

Data Nascita1823
Località NascitaSassari
PaternitàRaimondo de Quesada
Maternitàdonna Luigia Ledà Pilo Boyl
Stato Civileconiugato a Sassari nel 1853 con donna Angelica Ledà Delitala
DiscendenzaLuisa Maria Diega, Clemente Diego, Vincenza Diega, Maria Diega
RamoRamo dei marchesi di San Saturnino
Titolo Nobiliarecavaliere, nobile, don
Altri Titolilaurea in giurisprudenza
Professionesegretario di Legazione
Data Morte1885
Località MorteSassari
NoteNacque a Sassari il 25 aprile 1823 da don Raimondo, I marchese di San Saturnino, e da donna Luigia Ledà Pilo Boyl dei conti di Ittiri e baroni di Uri.

Compì i suoi primi studi a Napoli nel collegio dei nobili di S. Sebastiano retto dai RR.PP. gesuiti, che l'avevano eretto dietro le istanze del padre, per poi proseguirli a Torino nel collegio del Carmina, gestito sempre dai gesuiti. Si laureò in giurisprudenza a Torino nel 1843 e nell'ottobre dello stesso anno, per le sollecitazioni del padre e l'interessamento del cognato, Clemente Solaro del Borgo, conte della Margherita, fu ammesso nella diplomazia e iniziò il suo tirocinio a fianco del cavaliere Jocteau, segretario particolare del gabinetto del ministro degli affari esteri. Durante il suo soggiorno a Torino ebbe quindi l'occasione di trovarsi nelle sale del cognato, ministro degli esteri, in compagnia dei più illustri personaggi di quel tempo e profittando dei diritti che gli dava la sua nascita e l'intrapresa carriera, intervenne alle feste di Corte e a tutti i ricevimenti che le LL.MM. solevano fare. Spesso era presente il fratello don Cristoforo Diego, ambasciatore a Roma, con la moglie baronessa del S.R.I. donna Felicita Cavalchini Guidobono, dama di compagnia della principessa Maria Adelaide d'Austria, consorte del principe reale ereditario.

Nel 1846 fu nominato gentiluomo di corte e sempre nello stesso anno fu destinato a Losanna in qualità di addetto alla R.Legazione della Confederazione Elvetica, dove partecipò alle consultazioni diplomatiche tendenti a coinvolgere la Confederazione ad appoggiare con le armi il movimento di indipendenza italiana. Le trattative, come si sa, non andarono a buon fine. Al suo rientro a Torino nel 1849 dopo il suo soggiorno presso l'ambasciata di Monaco di Baviera, don Pietro trovò il governo sottoposto ad un rivolgimento, il conte della Margherita era stato sostituito prima dal cav. Maurizio Farina e poi da Massimo d'Azeglio. Era cambiato anche il Piemonte come pure tutti gli altri Stati della monarchia sarda in quanto il Regno si era dotato delle franchigie costituzionali. Sicuramente don Pietro non era un reazionario ma neppure un democratico. Era un liberale e questo spirito doveva ispirare lo Statuto appena concesso che invece fu da molti interpretato nel senso di una fruizione di un sistema pienamente democratico. A lui parve che alla moltitudine come pure a molti dei suoi amici fosse andato di volta il cervello e il suo carattere, poco sensibile a piegarsi alle opinioni dominanti e a fare la sfinge, lo portò a pensare che era meglio condurre un'esistenza di semplice gentiluomo cristiano piuttosto che piegarsi alla adulazione e alla rinuncia ai veri principi di fede e di onestà così costantemente seguiti. Nel 1850 morì il padre e venendogli a mancare l'appannaggio paterno prese la decisione di abbandonare la carriera diplomatica. Sicuramente il danaro non gli mancava e la morte del padre è da considerare come il pretesto giunto al momento opportuno per dire a sé stesso e agli altri "meglio vivere nelle ristrettezze e nell'oscurità piuttosto che buffone", dato che don Pietro era convinto, come ebbe a dire alla figlia Maria Lucia Diega che "la vera felicità non consiste nell’essere collocato in elevata posizione e nemmeno nel godimento di grandi ricchezze, ma nella quiescenza in Dio e nella tranquillità della propria coscienza". Era un uomo ben conscio della fortuna che la nascita gli aveva accordato e questa sua consapevolezza lo portava a non dimenticare mai quella umana gente che costituisce quel mondo di invisibili fatto di sofferenze e di bisogni elementari. Questo suo piglio non mancò neppure nelle sue ultime volontà tanto che donò trentamila lire all'asilo infantile e all'ospedale di Alghero. Dei quattro figli avuti da donna Angelica Ledà dei conti di Ittiri e baroni di Uri, sposata a Sassari nel 1853, solo Maria Lucia Diega sopravvisse alla piaga della morte infantile e nel 1881 sposò a Sassari il colonnello don Gaetano Prunas Passino. Don Pietro morì a Sassari nel 1885.